La struttura gerarchica festiva
La domenica grassa, una turba numerosa di popolo, parte in maschera e parte no, parte a cavallo e parte a piedi, preceduta da musica militare e questa da tamburini, con alla testa il generale che ha nome d’abao e cinque giovinotti, dagli otto ai dieci anni, detti gli ab , corre e schiamazza per le vie dell’abitato (62). Con questa frase, per noi decisamente significativa, Modesto Paroletti avvia la descrizione dei festeggiamenti eporediesi di Carnevale. L’autore vede, alla guida della festa, un personaggio: il “generale”; tale “generale”, ovvero, secondo il senso dello scritto di Paroletti, comandante delle giornate di tripudio, aveva dunque l’appellativo di “abao”. Il medesimo “abao” risultava affiancato, nel compito affidatogli, da cinque giovani ragazzi: questi ultimi chiamati, ricorda ancora l’erudito, “ab ”. Tali informazioni sulla struttura gerarchica della festa sono arricchite da alcune annotazioni in merito all’insieme delle regole che favorivano il perpetuarsi della struttura medesima. In particolare l’autore si sofferma sulla elezione del “generale”, ovvero dell’“abao”, e su quella dei piccoli “ab ”. Il complesso di tali elezioni vede l’instaurarsi di un rapporto di reciproca dipendenza fra i medesimi personaggi responsabili della festa. Il cerimoniale, se cos lo possiamo chiamare, prevedeva infatti che i cinque giovani “ab ” venissero “rieletti”, in ciascun anno, dall’“abao che scadeva”; gli “ab ”, a loro volta, sceglievano il nuovo “generale”, ovvero “il nuovo abao fra le persone pi· distinte della citt ” (63). Le predette informazioni consentono di approfondire l’analisi sul processo che permise il sopravvivere di una struttura gerarchica festiva, all’interno del Carnevale eporediese, nel passaggio tra il Settecento e l’Ottocento (64). Gli studi compiuti sino ad ora hanno dimostrato come, all’aprirsi del secolo decimonono, dagli Abb della giovent· settecentesca la responsabilit dei festeggiamenti passi direttamente ai nuovi “moderatori” del Carnevale, ovvero al Generale ed al suo Stato Maggiore. A tale dato di fondo venne, d’altro canto, associandosi l’opinione che considerava gli Abb dell’Ancien R gime ed il Generale dell’Ottocento quali figure completamente diverse e separate tra di loro. Una considerazione, quest’ultima, che la precedente pagina di Paroletti permette di contestare ampiamente. In realt il Generale ed i suoi aiutanti, ovvero il moderno “Stato Maggiore del Carnevale”, altri non sono se non la nuova forma assunta dall’antica Badia dei giovani che, suddivisa tra le varie parrocchie, guidava il medesimo Carnevale di Ivrea nel Sei-Settecento. A tale conclusione era d’altronde gi giunto, con felice intuizione, Giuseppe Cesare Pola Falletti-Villafalletto, profondo conoscitore e significativo studioso delle badie e delle associazioni giovanili (65). Ecco quanto scriveva, a tal proposito, il medesimo autore negli anni trenta del Novecento: ÀL’Abadia di Ivrea. Una Badia canavesana con molti degli antichi caratteri sopravvive tutt’oggi nel “Carnevale d’Ivrea”, colle sue attribuzioni di polizia durante il carnevale, coi suoi Abb , coi suoi costumi antichi, fra cui le classiche alabarde, cogli scarli e colla prima sposa […] e colle vecchie musiche di pifferi e tamburi. […] L’usanza – oggi per verità meno sentita e praticata – che durante gli ultimi giorni di carnevale in Ivrea, le Autorità pubbliche di polizia e di ordine dormissero lasciando funzionare in loro vece i Capi del Carnevale, la parte più caratteristica del Carnevale di Ivrea, che fu sempre ritenuta come una sua particolarit . Or bene questo un errore […] [in quanto] le Badie erano le autorit di polizia non solo durante le feste ma durante tutto l’anno […]. Se ci non fosse stato, come mai ad Ivrea, terra Sabauda dove l’ordine doveva essere meglio conservato che altrove, sarebbe sorta questa singolare spogliazione della pubblica Autorità, quando il potere centrale si era tanto rafforzato; e come questa spogliazione delle Autorità sarebbe potuta avvenire sotto il governo dispotico di Napoleone. Poichè questo potere di polizia […] fu la ragione per cui le Badie furono conservate e riconosciute dai Principi e costituisce la nota caratteristica delle Badie, [non si deve avere] alcun dubbio che il Corpo Carnevalesco che presiede al famoso carnevale eporediese sia stato, in sostanza, nient’altro che una Badia meglio conservata, pur avendo assunto un po’ abiti dei tempi nuovi e introdotta qualche innovazione. E che il Corpo Carnevalesco d’Ivrea conservi un’antica Badia, risulta dal nome di Abb di coloro che ne erano i capi, e che per giunta erano anche dei giovinetti, come gli antichi giovinetti giunti alla pubert ed alla spupillatura. Il famoso libro del Carnevale […] si pu dire che, fino ai tempi recenti, non era che il libro degli Abb , perch solo della loro elezione si parlava, mentre si taceva, fino a questi ultimi anni, della nomina del Generale che ne il Capo. Tale la forza delle cose: le antiche Badie avevano a Capo l’Abb ; il Generale fu un’aggiunta dell’epoca francese, in cui la Badia eporediese, venuta meno per qualche anno per l’avvento del Governo Francese e le guerre di quell’epoca, si rinnov , militarizzandosi, secondo lo stile dell’epoca napoleonica militaresca per eccellenza. Un Generale poi come il primo eletto – Antonio Pezzati, membro del Consiglio Municipale, Guardia d’Onore Imperiale e della citt di Ivrea – Generale che dur in carica parecchi anni, e l’uso della lingua francese, rappresentavano, insieme all’et quasi infantile degli Abb , una garanzia d’ordine atta a lasciar rivivere l’antica Badia, eliminando non irragionevoli prevenzioni; prevenzioni che tuttavia ebbe vivissime l’allora Prefetto della Dora, tanto che dovettero essere dissipate dal Capo del Governo […]. Inoltre, un solo Capo – il Generale – che soprassedesse ai varii Abb delle parrocchie, era diventato una necessit dopo la fusione delle Badie delle cinque parrocchie […] (66). Il Generale “in capo della festa” eporediese, dunque, pu essere letto e interpretato semplicemente quale nuovo Abb . Al pari dell’Abb , il Generale risulta responsabile di un gruppo di individui preposti a vigilare sul buon andamento dei festeggiamenti. In altre parole il Generale, a imitazione dell’Abb simbolicamente armato, deve innanzitutto “controllare che la festa abbia luogo senza violazioni dell’ordine pubblico e senza incidenti che ne turbino il normale svolgimento”. Questa nuova Badia, al contrario di quella dell’Ancien R gime, non pu ovviamente pi· considerarsi quale “metafora rituale popolare delle tre pi· importanti istituzioni che caratterizzavano la societ : quella religiosa, quella militare e quella politica”. Tale perdita di significato va collocata all’interno del processo volto a rivisitare una precedente ritualit , con l’attribuzione di altri significati, che caratterizza il Carnevale di Ivrea nei primi decenni dell’Ottocento (67). Il medesimo processo di rivisitazione della festa arcaica fu, d’altro canto, funzionale al sopravvivere di una struttura gerarchica festiva nel passaggio tra il Settecento e l’Ottocento. I nuovi Capi del Carnevale, all’interno del notabilato cittadino, guidarono ed accompagnarono la trasformazione dell’evento festivo antico in quello che nel corso del secolo diciannovesimo sappiamo essere divenuto un rito civico che rilesse e celebrò, rappresentandoli, i nobili fasti della città – “la moderna commemorazione o rievocazione di un evento storico fondante l’identità comunitaria” –; accettando tale ruolo, i moderni signori del Carnevale poterono compiutamente legittimare la loro funzione di organizzatori e gestori del tempo festivo. Ecco, dunque, i termini entro i quali troviamo la rinascita ottocentesca della Badia eporediese (68).
Fonte: Gabriella Gianotti e Franco Quaccia